non corriamo per le medaglie o per i premi.
non corriamo per la gloria o per divertirci,
né per gli applausi o per i baci delle miss.
questi sono effetti collaterali, non la forza motrice.
corriamo per soddisfare il misterioso istinto di confrontarci col caos al limite delle nostre possibilità.
è un istinto eterno iscritto nel sistema operativo umano.
senza questo confronto siamo irrequieti, incompleti, non pienamente vivi.
***
ogni corsa è una rinnovata opportunità per esprimere coraggio, fantasia, caparbietà, follia, gioia.
ogni corsa un confronto col dubbio, la fragilità, il fallimento, la debolezza, la fatica che lascia completamente vuoti.
quasi sempre la corsa ci spezza, frantumandoci in mille pezzi.
ci sbatte in faccia che non siamo forti come pensavamo di essere.
brucia, ma è anche una liberazione.
possiamo abbandonarci a una condizione primordiale di vulnerabilità, di verità, di presenza nel momento e di crudo confronto diretto.
un condizione di conflitto aperto e universale, trasversale a culture e epoche storiche.
un'esperienza di sofferenza, di fratellanza e di essere completamente vivi alla radice della condizione umana.
***
qualche rara volta, nel caos della corsa, succede l'imponderabile.
la fatica evapora, la mente si cheta e veniamo accarezzati da la volupte.
i pedali girano senza sforzo e spicchiamo il volo.
vediamo tutte le mosse corrette in anticipo,
un download diretto dello spirito del Profeta
che ci muove su traiettorie perfette, come su binari.
un denso momento liminale nel quale diventiamo invincibili.
è una magia che quando provata non si scorda più.
diventa un desiderio profondo che si brucia a fuoco sull'anima,
e ci ributtiamo in mischia cercando sempre il suo etereo abbraccio.
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